2016: Antefatto degli impeccabili
Le poesie de “Gli impeccabili”, sezione che chiude il libro Marcia film (Scalino, 2016) e lo spettacolo, le ho composte e sono da dire, come indica l’agogica in apertura di silloge, “s’un piede”. Questa pratica cerca, al contrario delle pratiche yogiche comuni, lo stato di perenne disequilibrio. Volevo cantare da un lato la bellezza della fragilità nella precarietà, determinato dal venir meno di una gamba di sostegno (metaforicamente corrisponde alla moglie che, nonostante sia ancora innamorata del marito-regista, lo lascia), dall’altro volevo operare, in continuità con la grande tradizione di artisti, attori e poeti performativi, uno spostamento del limite di resistenza del corpo nel tempo, determinato nel mio caso dal restare tenacemente malgrado tutte le avversità sempre su un solo piede. Perché più il corpo resiste, malgrado la crescente precarietà, più si frange poeticamente come un’onda sullo scoglio delle avversità.
Nello specifico dell’Antefatto degli impeccabili, prologo composto in parte in prosa e in parte in versi, il testo della performance si caratterizza dopo una lettura neutra introduttiva dallo stretto montaggio di versi detti nel tempo di brusche frenate senza fiato alternate a corse disperate. L’intento di questo sforzo improvviso, determinato dai continui “stop and go”, è stato quello di far percepire al pubblico e far vivere a me in prima persona in quanto poeta performer la disperazione che sta provando in quel momento il mio principale fantasioso alter ego: il marito-regista, protagonista e demiurgo di Marcia film.